un cane
non si acquista,
si adotta,
ed è per sempre!!
il cane è il miglior
amico dell'uomo ma l'uomo, è il miglior
amico del cane?

EDUCAZIONE

autoeducazione
una buona ragione
proposta BASE
seduto
comando NO
basta
il gioco
il collare
il guinzaglio
senza guinzaglio
condotta
seduto fermo
fermo in movimento
la museruola
terra
terra fermo
controllo
il cane chiede
lascia
ostacoli
angoli ciechi
vieni
vieni al piede
vieni torna
la pallina (riporto)
in auto con il cucciolo
in auto con l'adulto
pratica dell'allegria
dai la zampa
aspetta
a cuccia


SORDITA'

preparazione
seduto
seduto fermo
terra
terra fermo


DISABILITA'

considerazioni
come fare
attività fisiologiche
il pasto
in auto - passeggio
cura delle zampe


CORREZIONI
BRUTTI VIZI
COMPORTAMENTO

evasioni
bocconi sospetti
botti di capodanno
nascita di un bambino
atteggiamenti
ulula
razze carattere
l'arrivo degli ospiti
l'ospite sgradito
rincorre
incontri con cani
convivenza tra cani
diffidenza
aggressività
aggressioni
attacchi a bambini
pacificazione
falsa gravidanza
sterilizzazione


FOBIE-STRESS

stress
fobia?
campanello di casa
noia
separazione
paura di rumori forti
paura dell'auto
paura del traffico
paura dei tuoni
paura dell'ospite
paura estranei 1
paura estranei 2

 

 

 

ANEDDOTI


CURIOSITA'

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MALATTIE
La fortuna di Ruby
i cani possono imparare ...l'educazione secondo Nergio
leggende

UNA BELLISSIMA CASCINA

C’era una volta una bellissima cascina, circondata da alberi e colline verdi; in mezzo al prato c’era perfino una cavalla, che placida, brucava l’erba rigogliosa.
Al centro del grande giardino, proprio vicino ad un albero di pesche, sorgeva un capanno, fatto di assi di legno; “è il gattile”, mi comunicò la signora dall’accento spagnolo, che dirigeva l’associazione e che mi faceva da guida; è “il ricovero temporaneo per i gatti che, una volta curati e rifocillati, sono pronti per nuove famiglie” aggiunse. Ma con mia grande sorpresa non trovai gatti in attesa di nuove famiglie, ma una dozzina di animali, malati, denutriti e deboli, che bevevano acqua marrone in ciotole luride, che mangiavano (quando capitava) su improbabili piatti incrostati e che erano costretti ad usare lettiere straripanti di urina e feci.
“Sono adulti, non li vuole nessuno”, disse il mio cicerone e intanto tutt’intorno si respirava un aspro fetore di urina.
Sul retro della cascina, lontano da occhi curiosi, incontrai i cani; erano tenuti alla catena sotto il sole estivo. E le catene che circondavano quei colli magri erano così corte, da impedire qualsiasi possibilità di nutrimento.
Ma se anche fossero state più lunghe, poco sarebbe cambiato; i contenitori dell’acqua, ex barattoli di plastica per pittura, erano rovesciati per terra, pieni di foglie e terriccio. E sparsi intorno, c’erano piatti di carta, coperti di mosche che litigavano fra di loro, per accaparrarsi i resti del cibo dei giorni precedenti, ormai in avanzato stato di decomposizione.
“Sono alla catena perché scappano”, mi disse; “rovesciano sempre le ciotole dell’acqua e non posso trascorrere la giornata a riempirle” continuò; “lo so che il cibo sotto il sole non è il massimo, ma se hanno fame, mangiano lo stesso” aggiunse.
Mi disse poi “vieni a vedere i cani appena arrivati” ed entrai nei box al coperto; varcata la porta, fui costretto a fermarmi a causa del fetore che opprimeva la grande stanza; poi una volta abituato, incontrai occhi scuri di cani. Mi guardavano terrorizzati.
Gli angusti box erano così sudici che non si distingueva neppure il colore del pavimento e le griglie di scarico, nate per far defluire l’acqua durante la pulizia e poste al centro del pavimento, erano totalmente incrostate e intasate da vecchia segatura e peli.
“Oggi non ho ancora fatto in tempo a pulire” mi disse, forse scorgendo i miei occhi pieni di orrore e disperazione.
“Sono quasi tutti adottati”, rispose in fretta, quando comunicai l’intenzione di prenderne uno, quello bianco e marrone, con un occhio chiuso a causa del pus; “a giorni partiranno per l’estero, ci sono delle ottime famiglie che li aspettano”, aggiunse con una certa punta di orgoglio.
Che sollievo fu scoprire che per quegli animali la vita riservava finalmente una seconda occasione, ma che confusione mi colse, quando la mattina seguente venni a sapere che quasi tutti i cani erano partiti alla volta della Germania e della Svizzera, caricati su un furgone nel cuore della notte.
Tornai il pomeriggio seguente e fui aiutato dalla buona sorte; non trovai la signora spagnola, c’era sua figlia, avrà avuto si o no 15 anni e gestiva l’associazione quando la madre partiva per la Spagna, stando via anche una settimana intera.
Le chiesi informazioni su Ruby, il cane bianco e rosso con l’occhio chiuso a causa del pus e, con mia grande sorpresa, vidi che era ancora lì.
“Non c’era più posto sul furgone, partirà settimana prossima”, disse la ragazzina.
A volte nella vita accadono momenti che non si possono spiegare, che durano un attimo, ma è proprio in quel breve lasso di tempo, che si compiono imprese in grado di stravolgere l’ordine degli eventi e cambiare per sempre ciò che era stato scritto.
Fu proprio ciò che successe: non so quale forza atavica mi spinse a farlo, ma mi ritrovai a dichiarare con decisione e naturalezza: “devo dedurre che non sei informata, sono qui per adottare Ruby, strano che tua madre abbia dimenticato di dirtelo”, mettendole in mano una banconota da 50 euro; e aggiunsi con tono stizzito “e questi sono per l’associazione”. Senza darle il tempo di riflettere, presi il cane in braccio, la salutai e me ne andai. Il cuore mi batteva all’impazzata e per diversi chilometri continuai a guardare lo specchietto retrovisore della mia automobile, per controllare che nessuno mi inseguisse. In auto Ruby impazziva di gioia, la sua euforia mi sembrò anche un po’ esagerata, ma a distanza di tempo, sono convinto che fosse il suo sesto senso a comandare ed ero io ad aver capito poco.
Nei mesi successivi scoprii che da anni decine di cani erano stati registrati all’anagrafe canina a nome della signora spagnola e che tutti, dopo un certo periodo, sparivano nel nulla e mai nessuno si era preoccupato di interrogarsi sulla loro sorte.
Venni a sapere poi che, fino a 2 anni prima, anche i gatti, che giungevano nella bellissima cascina, venivano adottati all’estero e caricati sul furgone nel cuore della notte.
Curai Ruby e lo affidai ad una allegra famiglia con 3 figli; cercai poi di reperire informazioni sulla sua storia, qualcosa che mi facesse conoscere la sua vita prima di giungere all’associazione, che fa adottare i cani all’estero. Ma non fu facile; indizi, notizie, tutto era frammentato e confuso e sembrava essere un cane senza passato. E proprio quando pensavo di non riuscire a venire a capo di niente, mi giunse una lettera. Era scritta da una persona che conosceva Ruby.
“…Ruby è nato in una nebbiosa città del nord Italia e ha trascorso i primi due anni di vita insieme ad una coppia di coniugi in un appartamento in periferia; i primi tempi tutto è filato liscio, poi i suoi “padroni”, che gestivano un’attiva commerciale, si videro costretti a dichiarare fallimento ed a cessare l’attività per problemi economici. Non potendo rimanere disoccupati per troppo tempo, accettarono un lavoro a circa 300 km dalla propria abitazione e cominciarono ad assentarsi per due, tre giorni e con il passare del tempo, per sette, otto giorni, fino a rimanere via per periodi di due settimane.
Ruby durante le loro trasferte, veniva lasciato sul balcone di casa, legato alla catena (era più sicuro per il cane, dicevano), con due catini riempiti di acqua e un secchio di croccantini come unico sostentamento; il balcone non aveva una tettoia, ne un riparo e nei giorni di temporale o di neve il cibo si bagnava e nei giorni di afa si copriva di mosche; e l’acqua o si sporcava o finiva.
Ruby trascorse quasi 4 mesi nella più completa solitudine, incontrando i suoi “amici” umani ogni 10-15 giorni. Sono stati i vicini di casa, (io sono uno di loro) a dare l’allarme, chiamando un’associazione animalista, stanchi di vedere il cane abbandonato a se stesso e convinti che non fosse più tollerabile continuare a nutrire una bestia, buttando pezzi di pane sul balcone o puntando sullo stesso la canna dell’acqua, per farlo bere.
Quando Ruby venne “salvato”, pesava circa due chili e mezzo e a mala pena era in grado di reggersi sulle zampe; fu trasportato in una clinica veterinaria, dove rimase ricoverato per 5 giorni. La sua incredibile storia divenne in breve tempo di dominio pubblico in città e in quei giorni ricevette visite e coccole da molti curiosi. Una volta ristabilito, venne richiesto dall’associazione della signora spagnola, perché aveva molta richiesta dall’estero… “

Ho tentato diverse volte di buttare questa lettera, ma non ci sono mai riuscito; una volta addirittura, per evitare ripensamenti, sono sceso in strada e l’ho gettata nel cestino davanti alla fermata del tram; poi la mattina seguente, passando, ho sbirciato ed era ancora lì. Ho capito che non era giusto cercare di sbarazzarsi di qualcosa solo perché faceva male e che era necessario focalizzare i pensieri sul presente e non sul passato. Ma è più facile a dirsi, che a farsi.
Oggi Ruby è un baby-sitter professionista e tutti i giorni trasmette alla sua nuova famiglia la gioia di vivere; è diventato anche un cane viaggiatore, che va al mare in estate e a sciare in inverno e ogni tanto, si gode qualche fine settimana in Toscana.
La famiglia dove vive non si stanca di ripetere che la sua vitalità celebra quotidianamente la forza di ricominciare nonostante tutto e insegna che, anche dalle vicende più dolorose, si può trovare il vigore per cominciare di nuovo, senza perdere la speranza e la fiducia di giorni futuri pieni di colore e allegria. Ma sono anche consapevoli che non è un cane perfetto; bisogna stare attenti quando sente qualcuno parlare in spagnolo o con accento iberico; diventa ingestibile e a fatica si riesce a farlo smettere di abbaiare e di ringhiare. Ma è un difetto comprensibile. E’ imbarazzante solo per chi si trova a passare di lì e si chiede che cosa avrà mai quel cane da abbaiare tanto. Ho incontrato Ruby qualche volta, soprattutto per sincerarmi che stesse bene; poi ho preferito smettere con le visite. Durante i nostri incontri, non appena scorgeva la mia automobile, cominciava a saltare per l’eccitazione e arrivato al suo cospetto, dovevo prenderlo in braccio; dopo qualche doveroso minuto di baci, appoggiava la testa sulla mia spalla e si addormentava.
Quando me ne andavo, raggiungeva il grande terrazzo della sua nuova casa e cominciava ad ululare alle nuvole. Mi dicono che ha capito che l’ho salvato dal “furgone, che nel cuore della notte carica gli animali e li porta all’estero”, ma non cavalco l’onda; sono sempre stato severo con chi antropomorfizza i comportamenti degli animali e non voglio cadere nello stesso errore. Una cosa è certa: a distanza di tempo, gli occhi sbarrati delle creature incontrate quel giorno sono come un tormento e alcune notti mi rubano il sonno; in quegli attimi mi chiedo come staranno, ma devo smettere con queste domande, perché so che non ci sono buone notizie. E inevitabilmente penso a tutti i furgoni e a tutti gli animali che ogni anno spariscono nel nulla e all’impossibilità di fermare questo scempio.
I miei pensieri vanno allora a Ruby, alla sua coda impertinente portata come un pennacchio, ai suoi occhi vivi e profondi e alla sua testa bianca, che si piega leggermente a destra quando qualcuno gli parla; cerco di ricordare la sua camminata un po’ sghemba con la gallina di lattice nella bocca e le sue buffe moine per invitare al gioco chiunque si trovi nei paraggi e quanto ciò induca sempre nei presenti un’ allegria contagiosa.
E mi soffermo a riflettere su come le sue esperienze passate lo abbiano trasformato sorprendentemente in un dono del cielo per chi ha la fortuna di dividere la vita con lui e quanto il suo amore incondizionato per tutto ciò che esiste, sia vasto come un oceano.
E mi è chiaro perché da qualche tempo il nome “Ruby” sia stato rimpiazzato da “Joy”, che in lingua inglese significa “allegria, gioia”.
E allora, finalmente, riesco a sorridere.

Fonte FOCUS.IT


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